Siracusa fu davvero, come riferisce Pindaro, “la più grande delle città”, sia sotto i suoi antichi tiranni-mecenati (più spesso autorevoli che dispotici) sia quando fu, seppure per poco, capitale bizantina dell’Impero dei Romani. Molto di ciò che è andato perduto di quella grandezza non si deve all’inclemenza dei secoli e del clima ma all’azione dell’uomo, alla sua ansia di revocare una memoria che giudicava inadeguata alla sua “modernità”. Così fecero Romani, Goti, Longobardi, Bizantini, Svevi e Aragonesi e non si risparmiarono nemmeno gli stessi Siracusani tra l’Otto e il Novecento, quando crearono in città fratture urbanistiche scriteriate e insanabili. Incapaci di pensare a un’espansione del perimetro urbano in una zona lontana dai monumenti antichi, scelsero a più riprese di mortificare Siracusa con l’asfalto e il cemento, di abbattere chiese e palazzi medievali e rinascimentali, di cancellare piazze, bastioni, porte monumentali, fortezze. Enorme è stato il danno paesaggistico e ambientale perpetrato nel secondo dopoguerra a nord di Siracusa. Tra Augusta (l’antichissima Mégara Hyblaea), la Marina di Melilli e Priolo Gargallo (la preistorica Thapsos) si insediò il più grande polo petrolchimico del Mediterraneo, col risultato di appestare l’aria, avvelenare il suolo, inquinare le falde acquifere e assassinare il mare e la costa.
A questo flagello ambientale, paesaggistico, sanitario e sociale si aggiunge anche lo sfregio al patrimonio storico e archeologico poiché quell’enorme distesa di asfalto e cemento, capannoni, impianti, torri di raffinazione, ciminiere, petroldotti, banchine e migliaia di chilometri di tubature, ha fagocitato alcuni tra i più antichi insediamenti protostorici del Mediterraneo. Ridare dignità e vivibilità a questo tratto di costa è un’operazione immane, iniziata solo da qualche decennio con risultati incoraggianti. Non si contano le denunce e le azioni giudiziarie contro le raffinerie, i sequestri di impianti che pure rappresentano un comparto strategico dell’industria nazionale. Qui dall’anno 2000 è stata creata la Riserva Naturale Orientata Saline di Priolo che tutela 55 ettari della fascia costiera che fu l’approdo dei primi navigatori greci e che incantò poeti come Virgilio, Ovidio e Tucidide. Questa, assieme ad altre dodici riserve naturali e aree di interesse naturalistico fanno di Siracusa la provincia siciliana con il maggior numero di aree protette. Questo è il frutto di un nuovo concetto di “sostenibilità”, che non si riferisce più allo sviluppo economico e alla crescita finanziaria di una collettività ma che riguarda gli ambienti fisici, sociali e culturali nei quali soddisfare i nostri bisogni e aspirazioni senza compromettere il futuro delle generazioni che verranno.
Scritto da Sergio G. Grasso, febbraio 2021