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Aretusa al tempo delle Crociate

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Mappamondo detto di Ebstorf, copia Biblioteca Nazionale di Parigi, Gervasio da Tilbury? 1239 cc. Trenta fogli di pergamena, distrutto nel 1943. Riproduzione fotografica del facsimile pubblicato nel 1898 da Konrad Miller (diam. 1 m). BnF, Mappe e Planimetrie (Ge AA 2177)

Aretusa al tempo delle Crociate

 
Ortigia, l’isola da cui nel 734 a.C. ebbe inizio la millenaria storia della città di Siracusa, è un diamante con tante facce. Essa si lascia attraversare dagli sguardi dei viaggiatori e in cambio regala intricate trame, fatte di storie e di “architetture”. Un viaggio nel tempo sotto il cielo azzurro del Mediterraneo, che lungo i profili pluristratificati delle sue bianche pietre, cela multiformi iconografie del paesaggio; dalla Preistoria alla più recente era barocca, le sue costruzioni si uniscono in un abbraccio unico tanto, da essere iscritta nel 2005 alla World Heritage List. Patrimonio dell'umanità dunque, perché rara testimonianza degli insediamenti che hanno caratterizzato la Sicilia tutta.
È in risposta a questa ricchezza di spunti che è possibile ancora oggi indagare aspetti sempre nuovi di Ortigia, pur muovendo i passi dai suoi più noti “monumenti”. È questo il caso della celeberrima “Fonte Aretusa”, ombelico della cultura greca d’Occidente, che nell’unione della ninfa con il fiume innamorato, Alfeo, celebra ininterrottamente la nascita della terra del mito e il profondo legame con la madrepatria, la Grecia. Se per l’età classica ciò fu in qualche modo scontato, cosa cambiò con l’arrivo del Medioevo? La riposta potrebbe riportare alla memoria fatti e tradizioni sopite, in grado di abbellire ancora di più la percezione del patrimonio culturale aretuseo.
 
Il nostro racconto può prendere le mosse dalla consultazione della cartografia prodotta in Europa fra il XII e il XIII secolo, in grado di restituire un racconto, di immagini e parole, su come venisse percepito lo spazio urbano della potente e bella Siracusa medievale, quella che rifiorì sotto la dominazione normanna e poi sveva. Fra la vasta produzione di mappa mundi che presero vita nella culla dell'Occidente cristiano, con l'intento di rappresentare le terre conosciute filtrate dalla lezione divina, una prima risposta viene fornita da un reperto d'Oltralpe, la carta di Ebstorf (fig.1) del 1300 ca. Qui, all'interno della rappresentazione della Sicilia si identifica la città di Siracusa proprio con la celeberrima e classica fonte Aretusa. L’eccezionalità del documento sembra risiedere proprio nella distanza geografica del luogo di confezione, in un isolato monastero della Svizzera, dove arriva il racconto della Fonte. Il dato si inserisce nel noto contesto della “geografia del mostruoso", tanto cara alla cartografia cristiana, ma apre anche interessanti spiragli di riflessioni sull'imponente circolazione culturale nel Mezzogiorno normanno-svevo durante le Crociate.
Racconti sulla città di Siracusa sono racchiusi nelle cronache delle peregrinatio ad loca sancta da cui apprendiamo in particolare il profilo evolutivo del porto, avviato dai Normanni fra il 1081 e il 1085 e intensificato durante la dominazione sveva. Rivolgendo infatti, l'attenzione ai documenti redatti in Sicilia nel corso dei secoli X-XII, è possibile confermare ancora la centralità di “Aretusa” e delle insenature portuali nella descrizione del paesaggio urbano.
Al-Idrîsî, Libro di Ruggero. Sicilia, 1154. Copia del XIII secolo, Maghreb. Sessantotto mappe, secondo la divisione tolemaica
Al-Idrîsî, Libro di Ruggero. Sicilia, 1154. Copia del XIII secolo, Maghreb. Sessantotto mappe, secondo la divisione tolemaica
 
Voce maestra è quella del geografo arabo Al-Idrisi che a partire dal 1139 compilò per Ruggero II un ardito testo geografico, con cui si gettarono le basi scientifiche della prima geografia dell'Occidente.
“Divertimento per chi nutre il desiderio di girovagare per le varie parti del mondo”, meglio noto come “Al-Kitab al-Rujari, il libro di Ruggero”, riguardo a Siracusa recitava:
“da Lentini una grande giornata di cammino mena a SARAQUSAH, che è delle città celeberrime e de "più nobili paesi del mondo (...) sta sul mare, che la bagna da tutti i lati, se non che avvi una porta a settentrione da onde si entra e si esce. Superfluo sarebbe descrivere largamente questo luogo si famoso, questa illustre metropoli e rinomata fortezza. Essa ha due porti senza pari al mondo. l'uno a mezzogiorno, maggiore dell'altro che tramontana e ch è più noto. E' in Siracusa la meravigliosa sorgente che s'appella AN Nabbudi , la quale spicca da una scogliera proprio in riva al mare (...)"
L'eccezionalità del luogo trovava conferma anche nei precedenti resoconti dei viaggiatori arabi fra cui la breve descrizione di al-Muquaddasi che intorno al 985 così parlava:
“Siracusa è composta da due città congiunte l'una all'altra: ha un porto meraviglioso; la cinge un fosso piena d'acqua”
Conclude questo excursus la miniatura tabellare conosciuta come c. 142 del Liber ad Honorem Augusti đi Pietro da Eboli, conservato nella Biblioteca civica di Bema, indicato come cod. 120. del sec. XII. Interessante è ricordare come quest’ opera apologetica venga scritta durante il regno dell’imperatore Enrico VI, in Sicilia, per celebrarne appunto, il trionfo. L'illustratore, coautore a tutti gli effetti del testo, traduce in una eloquente immagine quanto narrato nei versi, rappresentando lo spazio fisico del teatrum imperialis palaci. La fons Arethuse, come recita la didascalia, è inserita in posizione centrale, raffigurata come un sole dal volto umano da cui scaturisce un flusso d'acqua. Al suo cospetto il feudatario Markwald von Anweiler sguaina la spada della fedeltà imperiale e un cancelliere riceve tributi dalle personificazioni dell'Arabo e dell'Indo. Lo spazio pseudorettangolare che accoglie la scena è limitato in basso e in altro da archi intrecciati i cui spazi interni sono riempiti da ventiquattro nomi di regioni o regni d'Europa. Poiché l'architettura medievale è un fenomeno complesso che non coinvolge soltanto l'arte del costruire, l'interpretazione della miniatura apre anche un dialogo interdisciplinare per la lettura dell'unicità architettonica del castello svevo di Siracusa.
Liber ad honorem Augusti, Pietro da Eboli, sec. XII, Burgerbibliothec, Berna, cod. 120, c. 142, r
 
Comunque sia, il confronto fra le fonti citate dimostra come nel corso dei secoli di mezzo la tradizione classico-mitologica di Aretusa sia andata progressivamente mutando. Da elemento cartografico caratterizzante del contesto urbano della città medievale tout court (secc. X-XII) sino a simbolo geopolitico della corona normanna assorbita dal potere degli Hohenstaufen (sec. Xll). Le scritture normanno-sveve si appropriano della tradizione di Aretusa, modificandola: da simbolo parlante, connesso al noto conio delle monete greche, a "simbolo di una società” sul modello del giardino medievale. La fonte Aretusa è la Sicilia, la Sicilia che è il giardino dell'Impero, l'hortus dell'imperatore; la fonte è simbolo della pacifica convivenza, è il centro dell'Impero, ma è soprattutto l'Imperatore. La sacralità dell'impero si costruisce con le immagini veterotestamentarie del giardino. Federico II, re di Gerusalemme e committente nel 1232 del Palazzo sulla punta estrema di Ortigia, conferisce alla Città, "giardino" sul porto, il perenne ruolo di “porta" d'Oriente dell'Impero.
Ottobre 2021
Particolare codice di Berna
 
LUANA ALIANO

Insegna Storia dell’Arte, è Presidente dell’Associazione SiciliAntica per la provincia di Siracusa. Si è occupata di formazione e di didattica applicata ai beni culturali, ha lavorato in un Museo Etnografico a Noto, è stata cultore della materia nella Facoltà di Architettura, ha curato diverse pubblicazioni sul tema dell’innovazione tecnologica applicata ai beni culturali. Non poteva che scrivere per SiracusaCulture.