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Christiane Reimann, la villa e la città

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Ph. © L.Trigilia

Christiane Reimann, la villa e la città

 
Vi racconto la donna, la sua dimora e la città dell’epoca in cui scelse di vivere.
Christiane Elisabeth Reimann è certamente una figura di spicco nella storia di Siracusa del Novecento. Poco conosciuta nonostante i suoi meriti culturali, la sua personalità è rimasta per molto tempo in ombra. Di carattere schivo, non ostentava cultura e ricchezza. Danese di nascita (Copenaghen, 6 maggio 1888) e grande viaggiatrice decise di stabilirsi a Siracusa dopo una prima visita e intricate vicende private.
L’amore per le bellezze della città spinge Christiane Reimann a fare dell’originaria villa Fegotto, acquistata nel 1934, un luogo di recupero di memorie dall’antico. Promuove direttamente gli scavi nell’area del suo giardino in Necropoli Grotticelle, nel più ampio sito della Neapolis, tra le mete privilegiate del viaggio in Sicilia fin dall’epoca del Grand Tour. La sua dimora insiste in un’area ricca di latomie, grotte e ipogei di età greca, utilizzati come sepolture in epoca cristiana, che la colta nobildonna riporta in luce “con propri operai”. La notevole valenza archeologica del giardino della villa fa di questo sito un importante tassello riconquistato alla conoscenza, capace di offrire una visione più completa e diffusa delle aree sepolcrali che a Siracusa si estendono su un vastissimo territorio, da contrada Teracati, nota anche come contrada Paradiso, all’area dei Cappuccini. A queste importanti preesistenze se ne aggiungono altre. Nel giardino di villa Reimann è riconoscibile uno dei tratti terminali del più antico acquedotto greco Galermi che vi giunge in parte interrato dalle sorgenti dell’Anapo, dopo aver attraversato il Teatro Greco, visibile per un tratto nella suggestiva Grotta del Ninfeo aperta nella parte alta della cavea del Teatro. La grotta è stata mirabilmente dipinta da Jean Houel in un celebre guazzo che fa parte oggi delle collezioni del Louvre.
Ipogei nell'agrumeto di Villa Reimann

La villa si qualifica parallelamente come una delle superstiti residenze extra urbane della città che, insieme a villa Landolina (1890-94) e villa Politi (1861), segnarono dopo l’Unità d’Italia le prime espansioni di Siracusa verso i quartieri della terraferma; dimore oggi accerchiate da una crescita edilizia senza identità e priva di rispetto per un’area tra le più rappresentative nella storia della città antica, che Vincenzo Consolo definiva “più greca della stessa Grecia”.
La Reimann lo denunciava in una lettera all’allora Ministro delle Belle Arti così descrivendo la sua casa: “una delle più suggestive di Siracusa, da cui si affaccia ai piedi della collina, che dolcemente degrada, interrotta dal verde dei giardini e degli orti”. L’architettura della villa mostra tecniche costruttive in voga negli anni ’30 del Novecento con adesione a stilemi del classicismo. Le finiture mostrano una contaminazione stilistica tra Ottocento siracusano e jugendstil mitteleuropeo che richiamano le provenienze della nobildonna danese. L’ampliamento e il ridisegno della villa con l’aggiunta del primo piano nel 1934, voluti dalla proprietaria, coinvolgono noti ingegneri, architetti del tempo, Giuseppe Bonajuto e Francesco Valvo, oltre a maestranze locali.
Gli anni in cui Christiane Reimann si dedica all’ammodernamento della villa, costruita nel 1881 dall’on. Federico Cocuzza -ereditata dal fratello Salvatore nel 1927- e all’impianto del giardino esotico e di quello delle esperidi, angoli del suo “paradiso”, sono per Siracusa di intensa trasformazione. La città realizza tra abbattimenti e campagne di scavo una politica di espansione e di valorizzazione delle memorie dell’antica grandezza cari alla città unitaria, ma ancor più all’età del fascismo.
Ho posto in relazione le “scoperte” archeologiche di Christiane Reimann con l’importante attività di scavo nell’area di Necropoli Grotticelle, documentata dai taccuini dell’archeologo Paolo Orsi tra fine Ottocento e inizio Novecento, un precedente importante per le future scelte di scoprimento delle grotte e degli ipogei intrapreso dalla nobildonna danese. Questa singolare figura di donna può a mio avviso essere annoverata tra gli eruditi, architetti e viaggiatori che hanno privilegiato, anche dopo l’età del Grand Tour, la classicità delle “Antiche Siracuse” nel più ampio contesto del viaggio in Sicilia e nella Magna Grecia. Lo spirito della riscoperta dell’antico ritengo abbia sempre guidato Christiane Reimann, che ha scelto di trascorrere la sua esistenza in solitudine, amorevolmente “conversando con le antichità”, una felice espressione di Francesco di Paola Avolio, noto erudito siracusano, che tratteggiando l’interesse dei viaggiatori verso Siracusa ben ne caratterizza le motivazioni culturali ed esistenziali.

Guazzo di Jean Houel, sec.XVIII
Disegno acquerellato della Tomba di Archimede sec. XVIII
 
La vita di Christiane Reimann e la sua operosità ci restituiscono uno sguardo singolare sulla città in cui decise non solo di vivere, ma di morire (1979). Uno sguardo intellettuale e introspettivo ma anche reale se pensiamo al Belvedere, l’alta torretta che fece costruire sulle bianche rocce della Necropoli, da cui amava affacciarsi per godere la vista del porto e di quella che è nota come la Tomba di Archimede, altra meta degli antichi viaggiatori.
L’amore per Siracusa e il mondo greco-romano di cui nutrì il suo spirito in una sorta di ascetismo laico non si ferma qui. Con Atto del 1976 aveva deciso, in assoluta riservatezza, di donare alla sua città d’elezione il proprio patrimonio, vincolando il Comune a destinarlo a perenne attività di valorizzazione e per promuoverne crescita civile e culturale.
È veramente curioso, direi anzi del tutto incomprensibile, come fino a pochi anni addietro, almeno fino a quando nel 2015-16 la Scuola di Architettura di Siracusa ha promosso il vasto programma didattico e di ricerca sull’area di villa Reimann, il patrimonio di grotte e ipogei custodito nella villa, e la villa stessa, siano rimasti sconosciuti al pubblico.
Il giardino risultava vincolato solo parzialmente con alcune preesistenze come area di notevole interesse, ai sensi della legge del 1939 n.1497 e del D. M. 21 aprile 1956, relativo alla più ampia area della “zona panoramica della Neapolis”. Negli archivi della Soprintendenza non risultavano tra l’altro schede sulle preesistenze. L’esito dell’interesse suscitato dalla SDS di Architettura su Villa Reimann, sfociato nella mostra del 2016-17 Christiane Reimann la villa e la città… a cura di chi scrive insieme con Vittorio Fiore e nella pubblicazione, promossa dal Consorzio Universitario “Archimede”, ha indotto la Soprintendenza di Siracusa ad operare per apporre un vincolo non più generico ma specifico sull’intera area del giardino e della villa, in modo da comprendere tutte le preesistenze.
Latomia del Carratore (2) (Medium)
 
Tra grotte e latomie
Le preesistenze relative alla villa e la loro tipologia, così come sono state individuate attraverso un apposito rilievo degli studenti della Scuola di Architettura, possono essere poste in relazione con i rinvenimenti avvenuti nell’area della contigua Necropoli, oggetto di scavi e studi dalla fine dell’Ottocento. Non avendo riscontrato notizie e risultati di scavo nell’area un tempo privata di villa Reimann, ritengo indispensabile porre in relazione la tipologia delle sepolture e delle grotte, ivi esistenti, con il più ampio e noto contesto archeologico vicino, di cui costituiscono un continuum ininterrotto.
Un primo riferimento va fatto innanzitutto con le notizie, rilievi e incisioni contenuti nelle opere di eruditi e viaggiatori del Grand Tour che ne hanno per primi tramandato l’interesse
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Domenico Lo Faso Pietrasanta duca di Serradifalco nella sua opera sulle antichità della Sicilia è tra i primi a descrivere in quella zona sepolcri tagliati nella roccia. La Tomba di Archimede è riportata nelle incisioni di numerosi viaggiatori del Grand Tour, come Jean Houel e Saint-Non, attratti dal fascino per Siracusa e per quel luogo capace di suscitare forti emozioni legate alla classicità. La stessa aristocratica danese avvertì la presenza di quel genius loci, che pare tutt’ora regnarvi.
Il primo archeologo a descrivere la quarantina di ipogei portati alla luce nella zona di Grotticelle è Paolo Orsi, che li esplora sistematicamente negli scavi da lui compiuti nel giugno 1894 e nel luglio 1895. L’Orsi descrive la specificità del sito in cui si sviluppa quello che riconosce come uno dei più singolari complessi sepolcrali della città.
Christiane Reimann ben conosceva gli studi che già attestavano la vastità e l’importanza dell’area di Grotticelle. Tutto ciò deve averla guidata ad avviare direttamente la campagna di scavo nella fase d’impianto del suo giardino, portando alla luce i numerosi ipogei che oggi costituiscono l’autentico valore aggiunto della villa, dall’inestimabile valore archeologico: un museo en plein air di grotte sepolcrali pagane e cristiane, in un contesto di ricca e rigogliosa vegetazione mediterranea ed esotica, caratterizzata da specie rare fatte da lei appositamente impiantare e studiate da Antonino Attardo (n.d.r. vedi articolo nel sito). Si scorgono due grandi gruppi omogenei di ipogei, il cui valore si aggiunge a quello della inaspettata riscoperta, durante gli studi, della piccola Latomia del Carratore, nota anche come “latomiuncola di Santa Venera” su cui si affaccia la villa, situata proprio al confine con essa.
Ipogei nei giardini di Villa Reimann
Particolare di una grotta del giardino di Villa Reimann

 
La latomia del Carratore
La Reimann acquisì progressivamente le particelle di terreni per salvare dalla disordinata edificazione l’affaccio del suo giardino sulla Latomia del Carratore, di cui a livello urbano non se ne percepisce l’esistenza, accerchiata dalle costruzioni di via Teracati. Di proprietà privata, la piccola affascinante latomia, l’ottava tra quelle siracusane, è interamente vincolata, ma largamente misconosciuta e inaccessibile. Nella incantevole Latomia di Santa Venera, aperta tra Necropoli Grotticelle e l’Anfiteatro romano, Paolo Orsi eseguì scavi nel 1904 in seguito ai quali poté stabilire l’importanza e la destinazione delle nicchie a centinaia sparse anche nelle rocce dei quartieri esterni. Tra la Latomia di Santa Venera e la Latomia Broggi-Casale si trova la piccola latomia della famiglia Carratore, che tra le latomie siracusane è la meno estesa. Sconosciuta ai più, è inaccessibile. Ha forma rettangolare ed è piuttosto profonda, in uso per un certo periodo di tempo come cava di pietra similmente alle altre latomie. Le pareti sono alte tra 10 e 15 metri e ne è stato, con l’occasione dell’interesse suscitato dalla Scuola di Architettura, eseguito un rilievo. Caratteristica di questa latomia è però l’uso di essa come sepolcreto; molti ipogei si aprono infatti lungo le sue pareti, a partire dalla ripida scala di accesso.
Christiane Reimann si muove con decisione nel solco dei viaggiatori del Grand Tour. Il suo desiderio di portare progressivamente alla luce importanti reperti dell’età antica, nella città in cui ha scelto di vivere, è assimilabile alla curiosità del colto viaggiatore, interesse che rimase per lei l’impegno di tutta la vita, dedicata a disvelare tesori nascosti nell’angolo di paradiso amorevolmente ricreato e alla cui cura assidua si dedicò in solitudine. Non solo uno sguardo ci restituisce dunque la sua vita ma anche il valore di un gesto.
Novembre 2021
Lo Faso Pietrasanta duca di serradifalco Tomba di Archimede 1834-42 (Medium)
Lo Faso Pietrasanta, duca di Serradifalco, Tomba di Archimede 1834-42
Latomia del Carratore (Medium)
Latomia del Carratore
 
LUCIA TRIGILIA

Professore associato di Storia dell’Architettura Moderna nella Scuola di Architettura dell’Università di Catania e Direttore scientifico del Centro Internazionale di Studi sul Barocco, di cui è fondatrice. Ha coordinato il dossier scientifico per l’inserimento delle città del Val di Noto nella World Heritage List dell’Unesco e numerose iniziative editoriali ed espositive finalizzate alla migliore conoscenza e valorizzazione del patrimonio del Sei-Settecento. Autrice di molti saggi e volumi, dirige “Annali del Barocco in Sicilia”.