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Carmelinda Gentile

Maddalena Crippa
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Carmelinda Gentile

Io, Carmelinda, attrice consapevolmente diabolica

 
Il nome di Carmelinda Gentile aveva attraversato qualche volta la mia memoria nel recente passato. Capita a chi cambia città per lavoro e incontra tante persone nuove in un ristretto arco di tempo, ma io lei non l’avevo mai conosciuta se non per una di quelle strane consuetudini che segnano la nostra vita da qualche decennio, la cosiddetta amicizia su un noto social media. Fino a un certo punto non avevo neanche collegato il suo nome alla bella interpretazione di Beba, la donna che la penna di Andrea Camilleri ha messo al fianco di Mimì Augello ne Il Commissario Montalbano. Ha invece attirato la mia attenzione una Medea di cui sarebbe stata interprete e regista solo per una sera nella sua Siracusa, mi sono documentato sulla sua carriera e mi è sembrato subito che la sua storia di donna di teatro fosse una passione da raccontare. Quando l’ho incontrata pochi minuti per concordare un appuntamento, mi ha incantato lo sguardo limpido che sembra guardare l’orizzonte in un volto scultoreo pieno di luce e, dopo averla vista recitare, mi sono detto che non potevo non incontrarla.
La sua vita di artista inizia con la danza, a 8 anni capisce che il palcoscenico è il suo posto perché quando «si è aperto il sipario, si sono accese le luci e ho sentito il respiro del pubblico, mi sono detta “voglio stare qui, ci sto bene”». Lascia la danza e, quando assiste al primo spettacolo al Teatro Greco di Siracusa, capisce che il teatro è l’amore che segnerà la sua vita per sempre. Quando le chiedo cosa vuol dire per lei essere attrice, risponde carica di emozione dandomi l’impressione di essere saltata d’improvviso sul palcoscenico: «Essere attrice vuol dire che sto là a osservare la vita, le persone, a cercare un senso alle cose, spesso a studiarmi, a cercare di capire quello che sono e cosa posso dare agli altri, è fare un lavoro che mi piace e che posso condividere con gli altri, tutto quello che faccio è finalizzato al teatro sempre e comunque, vivere la vita è essere attrici, non puoi fare teatro se non vivi perché il teatro non è altro che il riflesso della vita».
 
Come spesso accade, i grandi amori sono attraversati anche da grandi contrasti, da fughe e ritorni, e quello di Carmelinda con il teatro lo è.
A 14 anni aveva già letto tutte le opere di Eduardo De Filippo, è già “innamorata persa” del teatro e infatti cerca a Roma una scuola ma i tempi di attesa per i provini erano troppo lunghi sia in quella diretta da Gigi Proietti che all’Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico. Per caso, scopre che nella sua città c’è la Scuola dell’Inda dove, nonostante i tentativi di scoraggiarla del Direttore dell’epoca, viene ammessa come uditrice. È il suo vero inizio, quello che l’ha segnata in maniera profonda: «Dopo un mese, mi convoca il professore Giusto Monaco e mi dice “da ora in poi lei sarà un’allieva come gli altri a patto che porti sempre in alto il nome dell’Inda e quello che l’Inda rappresenta”». Che responsabilità per una ragazza di 19 anni! Ma Giusto Monaco è stato Maestro di tante generazioni e aveva sicuramente visto il talento e il carattere di Carmelinda. Lei, quando me lo racconta, trattiene a stento le lacrime e capisco che quel testimone lo ha sempre tenuto stretto anche se, da attrice con una bella carriera ormai piuttosto lunga, oggi non nasconde l’amarezza per il fatto che “l’Inda crea soprattutto figli orfani” al contrario delle altre scuole che sostengono e accompagnano i propri allievi.
In scena con Giorgio Albertazzi per Edipo a Colono 2009 - Ph.F.Centaro
Fedra 2010 - Ph.F.Centaro
 
La sua prima fuga dall’Inda e da Siracusa è anche una fuga dal teatro, va in vacanza in Olanda per due mesi e ci resta cinque anni con l’idea di fare altro, ma il caso vuole che venga presa per interpretare Beba in Montalbano. Dopo, Luca Ronconi la prende per Le baccanti e Le rane al Teatro Greco dove lei aveva debuttato da professionista, torna nella sua città e ricomincia col teatro. Troppi sacrifici e un bambino da crescere la riportano in Olanda nel 2015 con l’idea di dire di nuovo basta al teatro, ma il distacco dura solo due mesi. Organizza un corso di teatro alla fine del quale i partecipanti le chiedono di rendere stabile l’esperienza e realizzano uno spettacolo fatto di citazioni cinematografiche, musicali e teatrali, senza parole.
Nel 2016 un nuovo inizio. Fonda ad Amsterdam il Korego Theater Group che oggi ha una compagnia stabile di attori professionisti e amatoriali che Carmelinda dirige toccando magistralmente le sue corde profonde di artista. «Il Korego nasce da una reciproca contaminazione di passioni che ci trascina e ci fa vivere momenti speciali – si entusiasma – da persone che hanno grandi anime e talento che io ho solo tirato fuori. Sono meravigliosi dannati sognatori che sognano insieme a me la magia del teatro, ognuno in modo diverso, solo che io da professionista riesco a essere più critica, più analitica e so dove voglio arrivare, loro lo fanno inconsciamente, io sono consapevolmente diabolica».
In scena con Giorgio Albertazzi per Edipo a Colono 2009

 
Eccola la passione di Carmelinda. Nasce dalle radici profonde nella città/teatro dove è nata e dove ha maturato la sua idea di teatro: «Il teatro è una missione, una cosa che si deve fare non per sé stessi, è una condivisione, è qualcosa che accomuna le persone, le rende migliori. Per me il teatro è dare, non ricevere. Complimenti, esaltazioni, riferimenti a sé stessi non fanno il teatro, il teatro è scambio emozionale tra te e le persone che ti stanno a guardare, altrimenti è autocelebrazione».
Ecco perché la sua passione forte di attrice e regista in questo momento della sua vita ha la dimensione, anche esistenziale, del Korego Theater e di una città, Amsterdam, che la tiene lontana da quella che più ama senza riuscirne a cancellare la nostalgia e da un Paese, l’Italia, dove “per lavorare devi far parte di un clan, è brutto dirlo ma è così”.
Ecco perché forse si appassiona meno parlando di cinema e di televisione usando un velo di ironia: “mi dicono spesso che ho la faccia cinematografica ma una volta non mi chiamano perché sono troppo grassa, una volta troppo giovane, l’altra troppo vecchia e io mi chiedo: non sono italiani i più grandi truccatori premi Oscar?”
Perché il sogno di Carmelinda, attrice consapevolmente diabolica, è quello di tornare per fare il “suo” teatro.
 
ANTONIO GERBINO

Una vita passata a raccontare storie con le parole, la penna, la macchina per scrivere, il computer, l’obiettivo. L’ultima in ordine di tempo, nel libro Il patrimonio degli equivoci. Allarme beni culturali in Sicilia. Non ho resistito all’idea di guidare SiracusaCulture, di cui sono Direttore responsabile.