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Akrai

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© Regione Siciliana Ph. Giuseppe Mineo

Akrai

Palazzolo Acreide

 
Incastonata nello splendido scenario dei monti Iblei, nell’entroterra siracusano, l’affascinante cittadina di Palazzolo Acreide si apre al viaggiatore come uno scrigno di tesori da scoprire. Inserito nella World Heritage List dell'Unesco e tra i Borghi più Belli d’Italia, questo straordinario luogo ricco di storia si presenta con una multiforme quanto complessa stratificazione architettonica, a cui fanno da sfondo verdi alture e una natura ancora poco contaminata da agricoltura intensiva.
Akrai © Regione Siciliana Ph. Giuseppe Mineo
 
La città nasce come colonia siracusana, fondata attorno al 664-663 a.C., con la funzione strategica di controllo della via selinuntina, che metteva in comunicazione Siracusa con le città della costa meridionale della Sicilia.
«Acre e Casmene furono fondate dai Siracusani: Acre settant'anni dopo Siracusa, Casmene vent'anni circa dopo Acre. Anche la colonizzazione più antica di Camarina si deve attribuire ai Siracusani, circa centotrentacinque anni dopo che si fondò Siracusa; ne furono nominati ecisti Dascone e Menecolo.»
(Tucidide, La guerra del Peloponneso, Libro VI 5)
Per quanto riguarda invece il toponimo “Palazzolo” si tratta di un’aggiunta successiva, di epoca medievale. Trae chiaramente origine dal latino palatium con l’aggiunta del suffisso -olum che diventò quindi “Palatiolum”, divenendo infine il “Palazzolo di Ákrai”. Tutt’oggi una delle zone più elevate del comune è chiamata “palazzu”, probabilmente perché ospitava una roccaforte o castello andato distrutto con il tempo.
Teatro greco, Akrai © Regione Siciliana Ph.Giuseppe Mineo
 
Costruita in cima a un colle, Akrai era difficilmente attaccabile e al tempo stesso costituiva un punto ideale per vigilare sui territori circostanti. Grazie all’importanza della sua posizione strategica (testimoniata anche da tracce di insediamento risalenti fin dal Paleolitico), la città si sviluppò fino a raggiungere il massimo splendore sotto il regno di Ierone II (275 a.C.-215 a.C.). Fu fedele a Siracusa, al punto che un suo esercito intercettò quello di Nicia (421 a.C.) nel Val di Noto o nella Valle dell’Anapo e contribuì alla sua sconfitta.
Durante il periodo greco la città si arricchì di importanti edifici civili che, con il regno di Ierone II, assunsero la disposizione a oggi visibile nei resti messi in luce.
Nel 211 a.C., dopo la caduta di Siracusa, passò a far parte della provincia romana, assumendo il nome latino Acrae e divenendo “Civitas stipendiaria” (Plinio, Naturalis Historia, III 8) e rimase in vita almeno in periodo paleocristiano, come testimoniano numerose catacombe e ipogei scavati nella zona delle latomie. Gradatamente spopolatasi, venne probabilmente distrutta dagli Arabi e il sito, rimasto abbandonato, pian piano venne ricoperto da terriccio e vegetazione spontanea scomparendo alla vista e venendo dimenticato per quasi otto secoli. Nel frattempo, infatti, l’insediamento si era spostato più a est in una zona più bassa e, dopo il terremoto del 1693, nuovamente trasferito in prossimità dell’attuale centro storico di Palazzolo.
Il primo studioso a individuare il sito della città scomparsa fu nel XVI secolo lo storico siciliano Tommaso Fazello, ma fu il barone Gabriele Judica, che all'inizio del XIX secolo intraprese i primi scavi archeologici nel sito di Akrai e descrisse le sue ricerche nel libro Le antichità di Acre, pubblicato con la data del 1819.

Akrai intagliata © Regione Siciliana Ph.Giuseppe Mineo

 
Gli scavi successivi della città hanno riportato alla luce il Teatro, di piccole dimensioni ma in ottimo stato di conservazione, la cui scoperta fu annunciata da Gabriele Judica nel 1824. La scena è parallela al decumano scoperto nella seconda metà del Novecento, quindi l’edificio doveva essere già inserito entro lo schema urbanistico e risalire al III secolo a.C.. Ricavato da un preesistente pendio naturale, con vista panoramica sulla valle dell’Anapo, fino all’Etna, presenta una cavea composta da nove settori, divisi da otto scalinate: Gabriele Judica ipotizzò la presenza di sole dodici file di sedili e, probabilmente solo i cunei alle rispettive estremità dovevano essere costruiti.
Oltre alle ridotte dimensioni, questo teatro presenta altre peculiarità: sia la cavea sia l’orchestra, infatti, si presentano con una forma semi-circolare, senza prolungamenti; tra la cavea e l’edificio scenico, inoltre, non ci sono parodoi e l’ingresso alla scena avveniva, probabilmente, da due accessi ai lati della stessa. Di quest’ultima, comunque, rimane ben poco, come i resti di un pulpitum di età imperiale che occupò anche parte dell’orchestra.
L’ottimo stato di conservazione ha consentito la valorizzazione moderna di questo monumento, utilizzato dal 1991 come sede delle rappresentazioni Festival Internazionale del Teatro Classico dei Giovani organizzato dall’Istituto Nazionale del Dramma Antico.

Teatro greco, Akrai © Regione Siciliana Ph.Giuseppe Mineo
 
A ovest del teatro, si trovano l’agorà della città e il bouleuterion, riutilizzati anche in epoca romana: del bouleuterion, scoperto sempre da Iudica nel 1820, luogo di riunione del consiglio cittadino, rimangono tracce di una sala quadrangolare, la cui sistemazione interna si presenta a forma di piccolo teatro a tre cunei (6 ordini di sedili, divisi da due scalette). Della grande strada urbana, identificata con il decumano, si conserva integro il tracciato, largo 4 metri e pavimentato con larghi poligoni di basalto. Da questo asse si distaccano, a nord e a sud, delle vie secondarie che incrociano in modo non ortogonale lo stesso decumano; sembrerebbe, inoltre, che le strade settentrionali non abbiano un naturale prolungamento in quelle a sud del decumano.
 
Rilievo © Regione Siciliana Ph.Giuseppe Mineo
 
A sud-est del teatro si aprono due latomie, cave di pietra, denominate Intagliata e Intagliatella, che dalla metà del IV secolo a.C., ospitarono probabilmente culti tributati ai morti venerati come Eroi, sepolcreti di età cristiano-bizantina e, più tardi, anche araba. Sul pianoro sopra la latomia dell’Intagliata si trovano i blocchi di base di un tempio arcaico, un Aphrodision (Tempio di Afrodite), eretto nel VI secolo a.C.: i pochi frammenti architettonici raccolti sembrerebbero rivelare che il tempio fosse di ordine dorico, anche se alcuni elementi decorativi rimanderebbero al gusto ionico.
 
 
Di notevole importanza storica è il santuario extraurbano di Cibele, i cosiddetti Santoni, identificato dal marchese Paolo d’Albergo e successivamente fatto conoscere dal pittore francese Jean Houel che visitò Palazzolo nel 1777.
«In uno spazio di 10 o 12 tese, si vede una grandissima quantità di bassorilievi; la maggior parte sono oltremodo mutili, e tutti lo sono più o meno. Alcuni sono stati cancellati più della mano degli uomini che da quella del tempo. I pastori dei dintorni prendono talvolta le pietre e, per passatempo, senza cattive intenzioni, colpiscono le teste delle figure senza rendersi conto di quello che fanno. Essi distruggono per distruggere, come fanno i bambini con i giochi che loro si donano e se ne pentono quando non li hanno più. I bassorilievi sono anch'essi curiosi, soprattutto perché scolpiti nella roccia e questa circostanza è molto rara. Mi colpì talmente che ho ritenuto opportuno disegnarne alcuni per porgerle in visione ai miei elettori.»
In epoca moderna la città è tornata ad essere oggetto di scavi e di studi che hanno favorito una migliore comprensione della storia dell’abitato antico, condotti dalla Soprintendenza ai Beni Culturali di Siracusa e, ultimamente, da una missione Italo-Polacca.
Gennaio 2021
Akrai è un sito del Parco archeologico e paesaggistico di Siracusa, Eloro, Villa del Tellaro e Akrai. Foto su concessione dell’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana con divieto di duplicazione, anche parziale, con qualsiasi mezzo.
 
NICOLETTA LONGO

Dopo gli studi e una breve ma intensa esperienza nel campo dell’Archeologia, la sua carriera professionale si è orientata all’insegnamento. Oltre alla passione per la musica e per il fumetto, in lei l’amore per l’archeologia, l’arte e il territorio non è mai tramontato e, attualmente, dedica il suo tempo libero all’associazionismo culturale e scrivendo per SiracusaCulture.