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Caravaggio o Caravaggiomania?

Chiede riposo la Santa Lucia di Caravaggio
Aprile 23, 2021
Davide D’Orazio
Maggio 2, 2021
Dettaglio di Il Seppellimento di Santa Lucia, Caravaggio, 1608

Caravaggio in Tre Quadri

Quadro 3 - Caravaggio o Caravaggiomania?

 
“[...] culmine supremo di una carriera che correva verso la morte [...] La sepoltura di Santa Lucia, soprattutto, appariva in stato tale da FAR SCRIVERE a Longhi che convenisse studiarla dalle copie superstiti, trascurando l’originale. Ebbene, eccolo ora il quadro, nel giorno della sua resurrezione; eccola, la martire, nella luce rossastra del suo “entierro”, sotto gli occhi delle dolenti, ai piedi d’una incombente muraglia di latomia. Giace sull’orlo di una fossa che scavano i due forzuti seminudi, più simili a carnefici che ad operai; e il suo viso, riverso nella contratta cecità della fine, per mostrare una pace, se non si sia tentati di scorgervi lo strazio d’uno stupro
 
Era l’8 dicembre del 1984 quando Gesualdo Bufalino su Il Giornale pubblicava Santa Lucia e il Monocolo, per omaggiare il ritorno in città del Seppellimento di Santa Lucia, accolto dalla Galleria Regionale di Palazzo Bellomo, dopo l’intervento dell’I.C.R. - Istituto Centrale per il Restauro del Ministero.
Trentasette anni dopo, per una coincidenza di date, la tela aretusea festeggia un nuovo rientro, stavolta dentro gli spazi di quella stessa Basilica per cui operò il genio di Caravaggio, Santa Lucia al Sepolcro. L’accadimento, può sembrare strano, è l’epilogo di una discussa mostra dal titolo Caravaggio. Il contemporaneo, in dialogo con Burri e Pasolini nata da un’idea di Vittorio Sgarbi e allestita nelle le sale del Mart – Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto di Rovereto. Non poche sono state le polemiche che hanno acceso i mesi precedenti all’inaugurazione dell’esposizione, quasi tutte concentrate intorno allo status di salute dell’opera, che Cesare Brandi molti anni prima definì “mosaico di frammenti”.
A conclusione della trasferta in Trentino, accertate le buone condizioni del quadro e dello spazio che l’avrebbe ospitato, il 9 dicembre del 2020 il capolavoro è stato appeso nuovamente al chiodo dell’abside nella Basilica in Borgata.
La Basilica di Santa Lucia al Sepolcro Ph. Marcello Bianca
L'altare maggiore, Ph. Marcello Bianca
 
In particolare, i tecnici del celeberrimo I.C.R., durante una breve sosta dell’opera nei laboratori romani, hanno monitorato lo stato di tensionamento della tela e l’aderenza della pittura, oltre a recuperare piccole porzioni afferenti al gomito destro del fossore di spalle. Le dichiarazioni di seguito rilasciate dal direttore dell’istituto hanno rappresentato una grossa sorpresa perché hanno sconfessato quanto in passato si è sempre sostenuto in merito alle precarie condizioni del dipinto e solo questa nuova diagnosi ha consentito che l’opera fosse concessa in prestito al Mart in condizioni di sicurezza. Fra sostenitori e denigratori, appartenenti al mondo dell’associazionismo ma anche al più sofisticato della critica d’arte, la mostra sembra aver percorso tutta Italia a suon di botta e risposta. La stampa nazionale ha infatti accolto diversi interventi fra i quali spicca quello nato dalla penna di Demetrio Paparoni: «Il metodo Sgarbi è usare la politica per piegare l’arte ai suoi desideri» (Domani, 15 ottobre 2020). Le critiche si sono estese ben oltre una discussione sullo stato di salute dell’opera, interessando anche la genuinità del progetto culturale, che non avrebbe giustificato a parere di molti un ennesimo prestito in assenza di una reale ricaduta in termini scientifici. Come a dire che l’idea era buona ma la mostra ha mancato un appuntamento importante con l’esigente mondo scientifico: «idea suggestiva anche troppo, non funziona a Rovereto il gioco di Sgarbi» (Luca Fiore, Il Foglio Quotidiano, 30 ottobre 2020). Tornano così alla memoria le dichiarazioni rilasciate nel 2005 proprio dall’ex direttrice dell’I.C.R., Caterina Bon Valsassina, la quale auspicava che a prevalere fosse la tutela dell’opera su una fruizione quasi maniacale, causata da una incontestabile “caravaggiomania”.
 
Anche la clausola di chiusura del progetto del Mart, che ha sempre previsto il ritorno della tela all’interno della Basilica di Santa Lucia al Sepolcro, ha sollevato perplessità in merito all’adeguamento degli spazi con interventi necessari a garantire moderni standard di sicurezza al dipinto, ad esempio. Sono veramente mutate rispetto all’epoca in cui, era il 1977, Cesare Brandi aveva suggerito che “il capolavoro restituito ad una nuova vita fittizia non torni a marcire nel luogo che quasi lo aveva cancellato dal tempo”? In molti avrebbero preferito una definitiva musealizzazione, magari proprio all’interno della Galleria Regionale di Palazzo Bellomo, guardando a una adeguata ricaduta positiva sulla fruizione del capolavoro. Su questo tema, e dunque sulle perplessità della scelta del luogo di esposizione, è indubbio quanto pesi il valore di un ritorno al luogo originario. Tuttavia è altrettanto indubbio quanto si siano evoluti i processi di musealizzazione e le pratiche di storytelling, quanto sia cambiata la sensibilità e l’attenzione dei cittadini residenti e dei viaggiatori verso la conoscenza del patrimonio artistico, tutte considerazioni che impongono una riflessione approfondita sulle scelte da compiere in armonia per la migliore valorizzazione di un capolavoro di quel livello. i timori sconfessati di un ammaloramento causato dall’esposizione a condizioni ambientali inadeguate, hanno spostato l’interesse verso la scelta di una definitiva allocazione. La soluzione adottata sembra essere nata dalla fusione del ruolo devozionale svolto dalla tela e da quello sociale, che ha riconosciuto nella presenza del capolavoro un possibile volano di sviluppo per un quartiere denso di criticità come quello della Borgata. È dunque una sfida sociale e culturale il rientro del Caravaggio in Basilica? Una prospettiva davvero ambiziosa che richiede l'intervento di diverse sinergie in grado di incidere contemporaneamente sulla fruizione dell'opera e poi sulla realtà urbana.
 
La collocazione del Seppellimento di Santa Lucia da tempo torna ciclicamente ad animare la discussione nella città di Siracusa. Quella innescata dalla vicenda nata intorno alla mostra del Mart è stata vivace, anche se in alcuni momenti non troppo seria né troppo civile come sovente accade in Italia. Non possiamo dire se i tempi di pandemia, che dovrebbero essere tempi di riflessione sul futuro ma non sempre lo sono, aiuteranno la città a far nascere un progetto con la p maiuscola per restituire il capolavoro con piena dignità alla comunità locale e al mondo.
Se l’altare maggiore della Basilica di Santa Lucia al Sepolcro sarà la sede definitiva del Seppellimento di Santa Lucia e si vorranno rispettare sia i sentimenti cultuali che le aspirazioni culturali sarà indispensabile che la museologia e la museografia entrino di diritto negli spazi della Basilica per realizzare modalità di fruizione adeguate anche con il sostegno delle moderne tecnologie dalla comunicazione e dell’illuminotecnica, così come sarà indispensabile un moderno sistema di organizzazione delle visite. Fino a quel momento, la nuova collocazione del capolavoro caravaggesco rischia di essere l’ennesima riproposizione di un modello di “sfruttamento” del patrimonio culturale ormai superato che fa male alla Sicilia.
Il Caravaggio nella Basilica in Borgata
Deodato Guinaccia, Il Martirio di Santa Lucia
 
Intanto però, nessuno può negare che lo spostamento del Caravaggio dall’ultima sede che lo ha ospitato per circa un decennio, la Chiesa di Santa Lucia alla Badia in piazza Duomo, abbia dato respiro a un grande dipinto cinquecentesco opera di Deodato Guinaccia, nato proprio per l’altare maggiore della chiesa, rimasto “oscurato” negli anni della convivenza e adesso nuovamente visibile. È un fatto positivo se non scenderà il silenzio.
La Redazione
Marzo 2021
Quadro 1 - Come riscoprire un Caravaggio Quadro 2 - Chiede riposo la Santa Lucia di Caravaggio