Viaggiare è per l’uomo una necessità vitale, e il dovere di accogliere il viaggiatore è un fondamento della civiltà occidentale. In italiano, la parola che definisce entrambi gli attori di questo rapporto reciproco è “ospite”, sostantivo che vale sia per chi accoglie sia per chi viene accolto. Ospite deriva dal latino hòstis, col significato di forestiero, straniero e tale compare già nella Legge delle XII tavole (V secolo a.C.), fino a Plauto (III a.C.) e a Cicerone (I a.C.). All’ospitato venivano garantita sia la parità con l’ospitante che i diritti del popolo romano (quod erant pari iure cum populo Romano), a cominciare dall’adozione delle tesserae hospitales - tavolette o placche di bronzo su cui venivano incisi i nomi dell’ospite e dell’ospitato.
L’etimologia latina, tuttavia, non deve far dimenticare la radice greca del concetto di ospitalità. Nell’antica cultura greca dietro ad ogni forestiero o viandante di passaggio poteva celarsi una divinità o un messaggero degli dèi a cui era dovuta un’offerta di vitto e alloggio. In questo anche la Bibbia - scritta in ebraico ma permeata di cultura greca - è un continuo canto al valore assoluto dell’accoglienza dei forestieri, spesso definiti "angeli". Non è da meno il mondo omerico, permeato di episodi che aiutano a comprendere il valore dell’ospitalità. Nella sua forma più semplice e spontanea il primo dovere di accoglienza del viandante o dello straniero che bussava all’uscio di casa era l’offerta di cibo e bevande (lo xènia) fatta ancor prima di conoscerne il nome e la provenienza. Dal diritto-dovere di ospitalità scaturiva un vero e proprio legame sancito dallo scambio di un piccolo oggetto, uno xènia simbolico ed “ereditario” per le generazioni future. Successe a Glauco e Diomede, già pronti a combattere sotto le mura di Troia, che deposero le armi quando riconobbero gli xènia che si erano scambiati i loro avi.
L’ospitalità greca ha lasciato testimonianza di sé non solo nei libri di storia e nei manuali di archeologia ma anche nell’arte, nelle architetture ovunque i greci siano arrivati, dall’Egeo al Nordafrica, dalla Persia all’intero bacino del Mediterraneo. Fu così a Siracusa - prima comunità greca indipendente d’occidente - e così è ancora dopo ventisette secoli. Qui la sacralità dell’ospite, il riguardo al viaggiatore e l’empatia col forestiero sono un tuttùno con una città in cui la storia ti perseguita, benevola e paziente, a ogni piè sospinto. Questa ospitalità ha lasciato segni indelebili nei libri di storia e nei manuali di archeologia ma anche nelle forme urbane, nel paesaggio agrario, nell’arte, nella lingua, nel costume e anche nella quotidianità alimentare.
Gennaio 2021