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Noto Antica

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Ph. © Vincenzo Belfiore

Noto Antica, la città invisibile

 
Passeggiando fra le vie della barocca Noto è possibile imbattersi in isolate opere come “i romanici leoni stilofori” della chiesa del Crocifisso, che raccontano epoche storico-artistiche lontane nel tempo e nello spazio. Sono reperti che insieme a quelli conservati dentro la saletta medievale del Museo civico, testimoniano lo splendore di una perduta Noto Antica, antenata del “giardino di pietra”.
Noto Antica è oggi una città invisibile, i cui resti sono abbracciati dalla folta vegetazione iblea sul Monte Alveria, a circa 10 chilometri dalla rinomata capitale del Barocco. La sua scomparsa è legata al famoso evento sismico che nel gennaio del 1693 trasformò il paesaggio di gran parte della Sicilia Orientale. La decisione di ricostruire poi una nuova città a valle, sul colle del Meti, ne determinò l’abbandono e la conseguente trasformazione in enorme cava di pietra.
Le tracce archeologiche e i ruderi affioranti, sebbene spesso manomessi nel tempo, dimostrano come essa si estendesse sulla sommità di un’altura cuoriforme, che nelle epoche storiche attraversate la rese inespugnabile. Sono infatti le sue mura di fortificazione, cinquecentesche e secentesche, a dominare ancora oggi il paesaggio circostante, lungo quel percorso che conduce dentro il parco dell’Alveria.
Mappa di Noto Antica
Palazzo Landolina Belludia, Ph. Credits - Vincenzo Belfiore

"Noto Antica è oggi una città invisibile, i cui resti sono abbracciati dalla folta vegetazione iblea sul Monte Alveria"

Non è facile immaginare il volto di Noto Antica che tanto appassiona gli studiosi; reperti, ruderi e documenti d’archivio sono però voci narranti di una grande passato, capaci di guidare in un viaggio indietro nel tempo. Presso la Biblioteca comunale di Noto è conservata una veduta di Noto Antica, redatta forse dallo stesso Rosario Gagliardi, che riproduce il prospetto di Ponente prima del disastroso evento sismico; essa ha il valore di un’istantanea che ha preservato il ricordo delle principali caratteristiche della città turrita, con il Castello, i quartieri e le contrade, i palazzi delle grandi famiglie nobiliari e la sua architettura.
Chiesa dei Gesuiti, Noto Antica, Ph. Credits - Vincenzo Belfiore

 
Le fonti storiche e le scoperte, a volte sporadiche, confermano come la città invisibile sia stata caratterizzata da un grande fervore artistico legato ai secoli del Medioevo con i Normanni, alla straordinaria stagione del tardo-gotico e del Rinascimento, e infine interessata anche dai nuovi fermenti del Seicento.
La città diruta vantava una storia millenaria alle sue spalle e l’archeologia ha infatti testimoniato come la sommità del Monte sia stata abitata interrottamente, dall’epoca preistorica sino al XVII secolo. Diversi sono i segni che raccontano del passaggio dei siculi, di una polis greca e poi di urbs foederata ma è di sicuro il Medioevo che la vede fiorire come una città ricca d’arte e potente. Basti infatti ricordare la definizione che spesso viene offerta, di una “Pompei medievale”. Di Bizantini e arabi la città non conserva molte tracce, se non attraverso la persistenza di culti tributati a santi “orientali”, la toponomastica e testi geografici e letterari. Sebbene la Nut araba sia stata a capo del vallo che da lei prese il nome, di quella “casa ventosa”, cantata dal poeta Ibn Hamdis, non vi è oggi traccia; gli studiosi ritengono che a Noto Antica, come per molti centri siciliani, l’architettura saracena sia stata in parte nascosta dalle grandi costruzioni normanne.
Sono i Normanni infatti, a delineare i tratti rilevanti della città, con il maestoso Castello che si innalza ancora oggi a difesa dell’Istmo, costruito nel corso dell’anno mille per volontà del Gran conte Ruggero I. A loro si deve l’apertura delle due piazze principali dell’assetto urbano, comparse davanti alle Chiesa del Crocifisso e alla chiesa madre di San Niccolò, datate entrambe ai secoli XI-XII.
Bandiera del Regno sulla Torre Maestra, Ph. Credits - Vincenzo Belfiore
Castello e Torre Maestra di Notte, Ph. Credits - Vincenzo Belfiore

 
Guardando oggi la città dalle mura di fortificazione si ha come l’impressione di un grande libro di storia a cielo aperto; non è raro infatti che si aggiungano nuove scoperte all’elenco dei monumenti, o parti di essi, già individuati nel terreno.
L’ultima campagna scavo eseguita nel 2007 ha riportato in luce singolari ambienti nell’area del castello, come la normanna cappella palatina di San Michele e i locali delle prigioni, confermando quanto complessa sia la lettura della stratificata compagine architettonica della città.
Come testimoniato da altri siti siciliani, quando Noto Antica crollò il suo aspetto era verosimilmente quello di una “grande architettura tardo-gotica”, che accoglieva dentro le sue stanze i protagonisti di nuovi linguaggi artistici; qui nel 1474 giunse Antonello da Messina per eseguire un perduto Gonfalone, lavorando fianco a fianco con la bottega dei Gagini e Francesco Laurana. E mentre questi artisti portavano il Rinascimento in pittura e scultura, il dimenticato architetto Matteo Carnilivari abbelliva la città, così’ come già aveva fatto a Palermo per Palazzo Aiutamicristo e Palazzo Abatellis.


 
Dieci anni dopo il crollo di Noto Antica, la città nuova nasceva sotto la spinta di un magnifico Barocco che forse non aveva dimenticato che intorno al 1650 i Landolina, marchesi di Trezzano e Baroni di Belludia, avevano già fatto costruire per il loro maestoso palazzo un portale “sormontato da un grande balcone a guisa di carro trionfale, sostenuto da quattro cavalli alati” a celebrare il motto Magni spes altera Olympi.
Febbraio 2021

 
LUANA ALIANO

Insegna Storia dell’Arte, è Presidente dell’Associazione SiciliAntica per la provincia di Siracusa. Si è occupata di formazione e di didattica applicata ai beni culturali, ha lavorato in un Museo Etnografico a Noto, è stata cultore della materia nella Facoltà di Architettura, ha curato diverse pubblicazioni sul tema dell’innovazione tecnologica applicata ai beni culturali. Non poteva che scrivere per SiracusaCulture.