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Le Mura Dionigiane

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Le Mura Dionigiane

 
Per Dionigi le mura non furono solo un progetto. Furono un assillo, un chiodo fisso.
Dal momento in cui piegò Siracusa al suo volere, il tiranno si premurò affinché la città non si piegasse a nessun altro. Certo, Siracusa era riuscita a stravincere su Atene, ad allontanarne il pericolo in maniera definitiva, ma tante erano le cicatrici che l’assedio ateniese aveva impresso sulla città.
Una ferita, poi, non si era mai rimarginata. Restava tuttora aperta, esposta, alla mercé di ogni nemico: la terrazza dell’Epipole, quel varco da cui gli ateniesi, nonostante gli sforzi dei siracusani, erano riusciti a penetrare in città. E ora che lo spettro cartaginese tornava a incombere sulla città – dal 480 a.C. Cartagine, seppur sconfitta, non aveva mai smesso di pedinare e infastidire Siracusa – Dionigi, che di medicina se ne intendeva, decise che era tempo di intervenire personalmente per sanare la quella scomoda ferita.
 
Fu così che nel 402 a.C. – ce lo racconta Tucidide - diede il via alla realizzazione di un’opera prodigiosa, che gli diede lustro perenne: un’imponente cinta muraria lunga più di 20 kilometri, una lunga “sutura” tutt’intorno alla terrazza pleistocenica dell’Epipole, culminante nella meravigliosa fortificazione che fu – ed è ancora – Castello Eurialo.
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È Diodoro Siculo a descriverci puntualmente le strategie costruttive attuate dal tiranno per la realizzazione della sua opera, in particolare per i circa 5 o 6 kilometri del tratto settentrionale: dopo aver realizzato di suo pugno il progetto, Dionigi chiamò a sé i migliori architetti e a ciascuno affidò un capomastro e una squadra di 60 operai per la realizzazione di un certo tratto della cinta muraria. Circa 60 mila contadini furono reclutati dalle campagne per la costruzione delle mura, costituite da due cortine poste a circa 3 metri l’una dall’altra e “imbottite” di scaglie di pietra. Quest’ultima, in blocchi e in scaglie, veniva estratta dalle Latomie da una squadra di circa 6 mila cavatori e trasportata ai cantieri per mezzo di 6 mila paia di buoi.
 
Dionigi supervisionò i lavori personalmente giorno e notte, e il loro completamento divenne per lui, come si diceva, un vero e proprio assillo, una brama nevrotica che tuttavia fece sì che l’opera fosse terminata in soli 5 anni (402 a.C. – 397 a.C.).
Queste mura godono poi di una peculiarità di cui, però, poco si è detto: a differenza delle cinte murarie di molte città greche e romane – Paestum, per citarne una - le mura dionigiane non sorgono a ridosso dell’abitato, bensì in una zona periferica non abitata, che assurge così al ruolo unico di avamposto difensivo contro i cartaginesi, gli odiosi nemici da tenere più alla larga possibile dal cuore della città.
Da: H-J Beste, Kastel Euryalos. Baugeschichte und Funktion, in Schwandner Ernst-Ludwig (a cura di), Stadt und Umland, Diskussion zur archaeologischen Bauforschung, bd,7 P von Zaborn edizioni, Mainz am Rhein, 1999.
 
Ecco, credo che il punto sia proprio questo. Le mura non furono edificate per difendere la città “dai nemici”, bensì per difenderla dal “nemico cartaginese”, rappresentano simbolicamente la ferma volontà di tenere il modello culturale cartaginese - ritenuto minaccioso e inferiore - più lontano possibile dal proprio. È forse per questo che il grande archeologo Giuseppe Voza, quando parla delle mura dionigiane, evoca la Muraglia Cinese, il Vallo di Adriano, il Muro di Berlino: quello del muro non è altro che un modello umano, che si ripete nella storia ogniqualvolta le differenze etniche vengono percepite come pericoli da cui difendersi.
E proprio a Giuseppe Voza, che di Siracusa è stato Soprintendente ai beni culturali in anni importanti, si devono le azioni decisive per la conservazione delle mura dionigiane.
Dicembre 2020
 
SalvoCanto

Drammaturgo, produttore teatrale, attore, cantante, musicista, educatore siracusano. Il mio più grande difetto è l’impegno che profondo nella missione di allungare questa lista…fino al punto di scrivere per SiracusaCulture.
 
Da: Dieter Mertens, Città e monumenti dei greci d'Occidente, Roma 2006, p.431
Da: Dieter Mertens, Città e monumenti dei greci d'Occidente, Roma 2006, p.431